Manlio Miniussi (1927-2021)
È mancato nei giorni scorsi il socio Manlio Miniussi, di fatto il “decano” dei componenti della nostra Associazione. Proponiamo il ricordo scritto dal socio Sergio Chersovani.
Non è facile trovare parole che non siano di circostanza quando viene a mancare una persona cara e amica. Manlio Miniussi, classe 1927, era una di queste persone.
Entrò a far parte nella nostra associazione quasi ottantenne, quand’essa era ancora nel suo primo anno di vita e si guardava attorno per cercare un futuro. Era e restò per noi sempre il “decano” e fintanto che l’avanzare dell’età e la salute glielo consentivano, fu sempre animato da volonterosa energia nel prestare aiuto quando c’era da lavorare alle nostre iniziative. Anche in pieno inverno, quando i suoi pari età si rinchiudevano dopo cena nel tepore di una stanza sprofondando in pantofole su una poltrona, lui, con ogni tempo, montava invece in auto e dal lontano quartiere Montesanto raggiungeva la nostra sede presso la baita degli Alpini a Lucinico per condividere la vita sociale tra chiaccherate e ricordi. Manlio, come vero figlio del “secolo breve” era depositario di scampoli di storia vissuta che si compiaceva di raccontare come facevano con i nipotini i nonni di una volta. Con voce dal tono pacato, quasi sussurato, ci raccontava, tra le altre cose, della tensione provata, quando nascosto nella torre della centrale elettrica di Straccis, dove lavorava come tecnico, vide alla fine di aprile 1945 defluire oltre l’Isonzo le interminabili e lunghe file dei Cetnici che tallonati dai partigiani di Tito andavano ad arrendersi agli Alleati. E dopo questi vide da una parte anche l’entrata dei “Titini” e dall’altra quella dei primi soldati Neozelandesi che avanzavano con le loro cingolette sulla vicina “passrella degli operai”, cosiddetta perché allora congiungeva tra loro i plessi industriali di Straccis e Piedimonte del Calvario.
Manlio restava in tutti i sensi un socio veramente speciale. Per questo, al compimento del suo 90° anniversario il Consiglio direttivo ha deliberato di rendergli omaggio con una litografia incorniciata del castello di Gorizia, opera del noto pittore di guerra Ferdinand Pamberger, che una nostra delegazione ha personalmente consegnato a casa sua.
Nell’ultima manciata di anni, specie dopo la perdita dell’amata consorte e a causa di qualche problema di salute, le sue presenze andarono via via rarefacendosi.
Scrivendo queste poche righe lo ricordo anche come un consocio che aveva sempre onorato con puntualità e fino all’ultimo la quota del tesseramento che su sua chiamata andavo a ricevere a domicilio poiché ormai non usciva quasi più da casa. Non ricordo che anno era quando vidi Manlio per l’ultima volta, notai però che non era più lo stesso. Molto dimagrito, si lamentava degli affanni che lo aggredivano e della triste solitudine che pativa, lui sempre così portato ad un comportamento aperto e sociale, dagli anni dello sport attivo fino ai nostri consueti ritrovi. Capivo però che dalle sue sommesse conversazioni trapelava la maliconica rassegnazione di chi vede ormai prossimo il traguardo terreno. Ricordo ancora, che dopo avermi brevemente intrattenuto sull’uscio di casa continuammo a salutarci tra lì e la rampa delle scale e che le scesi veloce con una stretta al cuore. Riposa in pace buon Manlio.