Testimonianze dissepolte di un esercito multietnico
Nel 1914 l’esercito comune austro-ungarico reclutava i suoi soldati nelle sedici regioni militari (Militärterritorialbereiche) in cui era suddiviso il territorio della Duplice Monarchia e nei capoluoghi di tali regioni avevano sede i comandi di Corpo d’Armata. Il reggimento di fanteria effettuava l’arruolamento dei propri effettivi in un unico distretto di reclutamento e c’erano in tutto 101 Ergänzungs-Bezirke per i 102 reggimenti (101, poiché a Vienna se ne reclutavano due). La cavalleria, l’artiglieria, i cacciatori e le armi tecniche reclutavano in genere in due o più circoli limitrofi. I quattro reggimenti di Tiroler-Kaiserjäger venivano tratti dall’intero territorio del Tirolo-Vorarlberg, così come in Bosnia-Erzegovina si reclutavano i fanti dei quattro reggimenti bosno-erzegovesi.
Gli ambiti territoriali dei distretti di arruolamento erano “ritagliati” in maniera tale da evitare il più possibile frammentazioni linguistiche e garantire che i soldati reclutati appartenessero ad un’unica nazionalità, o quanto meno una formasse un nucleo maggioritario rispetto ad altre. La lingua ufficiale dell’esercito, quella comunemente utilizzata per i servizi ed i comandi era quella tedesca, comunque, viste le diverse etnie insistenti all’interno della Monarchia, nei reparti la lingua (o le lingue) di relazione era quella legata all’etnia della truppa.
Le lingue riconosciute, parlate dai sudditi degli Asburgo erano ben dieci: tedesca, magiara, ceca, slovacca, serbo-croata, polacca, rutena, rumena, slovena ed italiana. I reggimenti costituenti l’esercito comune erano articolati su quattro battaglioni di cui almeno uno aveva sede nel capoluogo del distretto di reclutamento mentre gli altri tre potevano essere dislocati in località distanti dell’Austria-Ungheria. Questo per evitare che gli stessi potessero essere coinvolti in eventuali rivendicazioni nazionalistiche, ma allo stesso tempo anche per garantire un eventuale impiego dei militari in operazioni di ordine pubblico. All’esercito comune si affiancavano i reggimenti della Landwehr (milizia austriaca di difesa nazionale) e quelli della Honvéd (milizia ungherese di difesa nazionale), strutturati su tre battaglioni.
Dopo questa breve introduzione, sicuramente non esaustiva, vi presentiamo di seguito alcuni oggetti, rinvenuti sul campo di battaglia della testa di ponte posta a difesa della città di Gorizia, allo scopo di evidenziare la composizione plurinazionale dell’esercito austro-ungarico e per dimostrare come uomini appartenenti a diverse etnie abbiano combattuto uniti, affratellati spesso dalla morte, a difesa dei confini della patria comune, posti nella maggior parte dei casi a notevole distanza dal luogo natio.
Distintivo del 23° reggimento Schützen (Landwehr sino al gennaio 1917) di Sebenico; distretto di reclutamento Sebenico (Šibenik); nazionalità delle truppe 95% croata; sede dei due battaglioni: I a Sebenico e II a Zara; il reggimento era inquadrato a nella 5ª Brigata da montagna e i suoi soldati si dimostrarono strenui difensori del Podgora; a difesa della testa di ponte vennero impiegati inoltre i dalmati del 37° reggimento Landwehr, e dei reggimenti dell’esercito comune gli sloveni del 17° di Lubiana (solo 3ª e 4ª battaglia dell’Isonzo, autunno 1915) ed i dalmati del 22°. Il distintivo (Kappenabzeichen), creato nel 1917, raffigura lo stemma araldico di Dalmazia con le tre teste di leopardo coronate in campo azzurro. Nei cartigli superiore e inferiore le località in cui il reggimento ebbe a distinguersi in battaglia: Zajčica (Serbia, 1914), Podgora (Isonzo, 1915-1916), Panowitz (Isonzo, 1916-1917).
Orecchino da uomo in metallo dorato e smalti, definito “moretto veneziano” e portato dalle popolazioni dell’Istria e della Dalmazia; rinvenuto in un ricovero del Podgora, a testimonianza della presenza dei dalmati in questo campo di battaglia.
Kappenabzeichen rinvenuti in un ricovero del Podgora; il primo è un distintivo a smalto del club sloveno velocipedisti di Gorizia “Kolesarsko Društvo Gorica”, fondato nel 1895. Il motivo raffigura una ruota di bicicletta tra gli artigli di un falco, su fondo azzurro (il colore araldico del Comune di Gorizia). Il presidente in carica nel 1914, Giuseppe Kerševani era contitolare, assieme al socio Elia Čuk, di un rinomato negozio di biciclette e macchine da cucire in piazza Duomo a Gorizia. Sul retro, il marchio di fabbricazione “A.Belada Wien Burgasse 40”. Un analogo distintivo a smalto di forma circolare, ma dell’associazione ciclistica slovena di Merna (iscrizione: Miren v Mirnu), riporta lo stesso motivo, in cui il falco (sokol – una costante nel simbolismo delle associazioni pan-nazionaliste slave) e la ruota, vengono posti sullo sfondo rosso e blu che richiama i colori nazionali sloveni. Questo secondo distintivo è stato rinvenuto accanto ad un Kappenabzeichen raffigurante l’effige dell’imperatore Francesco Giuseppe, a riprova dell’utilizzo del distintivo da parte di fanti sloveni impiegati a difesa della testa di ponte di Gorizia.
Splendida madonnina in metallo dorato e smalti, rinvenuta in un ricovero del Podgora, appartenuta con tutta probabilità ad un soldato polacco impegnato nella difesa della testa di ponte di Gorizia; sul retro dell’immagine sacra si intravede l’iscrizione “Czestochowa”.
Distintivo del movimento Sokol di Praga datato 1912, di pregevole fattura Sezession, appartenuto con tutta probabilità ad un soldato di etnia ceca impegnato nella difesa della testa di ponte di Gorizia. La parola “Sokol” significa “Falco” e con questo nome veniva designata la società di ginnastica fondata a Praga nel 1862 per l’educazione fisica e patriottica della gioventù. Costituiva un movimento di opposizione alla monarchia asburgica e si diffuse rapidamente tra le altre nazionalità slave. Dopo la dissoluzione della Duplice Monarchia i movimenti “Sokol” sopravvissero negli stati successori nel periodo fra le due guerre mondiali per essere poi definitivamente disciolti dai sopravvenuti regimi totalitari. Tale rinvenimento testimonia quindi la presenza di elementi che portavano tensioni e rivendicazioni nazionalistiche all’interno dello stesso esercito austro-ungarico.
Croce commemorativa austro-ungarica della mobilitazione del 1912-1913 per la prima e la seconda guerra balcanica (Erinnerungskreuz 1912-1913). Rinvenuta sulle alture a ovest della città di Gorizia.
Analizzando gli avvenimenti e dando una lettura etnica dello schieramento delle truppe poste a difesa della testa di ponte di Gorizia (58ª Divisione a.u. – Generale Zeidler), si può notare la preponderanza di fanterie di etnia slava (croati di Dalmazia nel 1915-16, sloveni nel 1915, polacchi nel 1915-16 e anche ucraini e ruteni, tutte unità che in un singolare accanimento difensivo diedero prova di saper resistere eroicamente.
Emanuele Calligaris
Bibliografia
“La grande guerra sul fronte dell’Isonzo”, Vol. I – Antonio Sema – Editrice Goriziana;
“Le armi e gli equipaggiamenti dell’esercito austro-ungarico dal 1914 a 1918”, Vol. I – Siro Offelli – Gino Rossato Editore;
“Doberdò – Gli umili nell’esercito austro-ungarico” – Prezihov Voranc;
“La battaglia di Gorizia” – a cura di Sergio Chersovani – Libreria Editrice Goriziana;
“Guida Paternolli 1914 amministrativa e commerciale per la principesca Contea di Gorizia e Gradisca”, Stab. Tipografico Giov. Paternolli Gorizia.